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SCOUT
ex cane da caccia

ALTRE VITTIME DELLA CACCIA: I CANI DEI CACCIATORI

Una vita di stenti e privazioni per essere utili ai cacciatori e poi, se non sono “bravi” o diventano anziani, l’abbandono, ecco la fine che fanno questi cani. Per fortuna alcune persone che si rivolgono al canile per adottare, si innamorano di loro, dei loro occhioni spaventati e della loro dolcezza. Ecco la storia di Scout, uno dei tanti, lui per fortuna ha incontrato Cristina.

 

“L’adozione di Scout, un bellissimo segugio italiano, dal rifugio, è arrivata un po’ per caso. Morta una delle mie cagnoline ero propensa a una vecchietta cui far trascorrere in serenità gli anni della pensione.

In realtà, ma non per caso, la scelta è andata su un cane da caccia, arrivato da poco in canile. Terrorizzato dall’essere umano e magrissimo. Il primo video che abbiamo di lui lo riprende nell’angolo più lontano possibile da me con le ossa ben visibili sotto la pelle.

Per assurdo, gli stessi motivi che mi parevano ostacoli sono stati quelli che mi hanno indotto ad adottarlo: maschio, taglia media, e cane da caccia, tipologia di cui non sapevo nulla. Il suo essere fobico mi spaventava meno, avendo già avuto esperienza con la mia Iris, adottata sempre al rifugio ENPA, sei anni fa.

All’inizio entravo nel suo box, gli mettevo dei bocconcini appetibili vicino alla cuccia, fino a farlo mangiare dalla mia mano, lo accarezzavo in maniera quasi impercettibile e gli cantavo una ninna nanna, la stessa delle mie figlie. Non si vedevano grandi risultati, sono onesta. Stava fermo immobile ma non perché gradisse, perché la paura lo immobilizzava.

Di lui avevo notato che, come tutti i cani da caccia, andava molto d’accordo con i suoi simili e contavo che le presenze delle altre, una volta a casa, l’avrebbe aiutato e non sbagliavo.

Così, un giorno, fu preso in braccio, messo nel trasportino, e portato a casa.

Scout da subito non ha avuto nessun problema con le altre quattro e nemmeno con i gatti, che non gli interessano più di tanto.

I primi giorni mangiava al massimo una volta al giorno (e da solo, chiuso in una stanza). Il secondo pasto non lo toccava.

Le prime settimane lo portavamo fuori in giardino, che è molto grande ed ha un’area anche molto selvaggia, con un guinzaglio molto lungo (longhina non un flexi!). Così si sentiva libero, a distanza di sicurezza da noi, ma eravamo sicuri di non doverlo andare a recuperare spaventandolo. Poi abbiamo iniziato a lasciarlo libero un paio d’ore, ma non gradiva rientrare. Anzi, il varcare la soglia di casa, non gli piaceva affatto. In realtà, una volta dentro, amava e ama stare sul divano e sui letti.

Qualsiasi piccolo movimento, più che rumore, lo faceva scappare a nascondersi nei cespugli con un mimetismo degno di un camaleonte.

Avvicinarsi a lui con un qualsiasi oggetto in mano, persino il cellulare, vuol dire spaventarlo e farlo allontanare.

La routine con le altre lo ha molto aiutato: al mattino presto tutti fuori a far pipì, chiamare per la pappa, richiamare tutti per nome quando – al cancello – abbaiano a qualsiasi cosa si muova. Questi piccoli gesti lo aiutano tuttora a prendere coraggio e confidenza.

Durante il primo mese, mentre attendevo spasmodicamente miglioramenti ben visibili, ho iniziato ad osservarlo meglio, senza aspettative e ho notato cose che dicevano molto della sua vita precedente e che ci avrebbero potuto aiutare. I rumori (anche quello delle auto e dei trattori) non lo spaventano, segno che ci era già abituato.

Entrare in un luogo chiuso invece non gli piaceva: veniva rinchiuso e non gradiva? Magari in un box? Mangiava solo una volta al giorno? Per quello il secondo pasto non gli interessava? Tendeva a passare ore e ore sdraiato al sole in giardino senza cercare né gli umani, né i suoi simili. Era lasciato solo? Era stata quella la sua vita? Non beveva dalle ciotole. ma in giardino può dissetarsi ugualmente. Forse era una situazione rurale? Forse era stato abbandonato in un bosco, nella campagna, e aveva imparato ad arrangiarsi?

Ho quindi cambiato approccio: meno fretta di risultati e più osservazione.

Oggi, dopo 3 mesi, Scout è un cane diverso. Dal punto di vista fisico ha finalmente ripreso peso e muscolatura. Ha conservato ancora molto del suo timore, ma entra in casa se chiamato, mangia due volte al giorno. A volte dorme sul letto con me, a volte sul divano. Al mattino si avvicina e mi spinge con il muso per la sua dose di coccole. Se portato fuori, nonostante la paura, fa salti di gioia ed è felice. Anche nel nostro grande giardino ha momenti di gioco con alcune delle “sorelle” e ha scoperto i peluche che ruba e nasconde. Se ci assentiamo anche solo per qualche ora, al ritorno mostra la sua felicità con salti, versi e latrati.

Abbiamo iniziato un percorso con un’educatrice in modo che – anche in un luogo sconosciuto e con persone nuove – provi a superare i suoi timori.

Un cane nuovo e, per me, un mondo nuovo.

Scout, come tutti i cani da caccia, ha doti incredibili: dolcezza, intelligenza, voglia di stare in branco ed empatia verso gli altri membri della famiglia. Il fiuto incredibile che hanno può essere motivo di giochi di ricerca (anche molto semplici). Nascondete un bocconcino o il gioco preferito e vedrete come si divertiranno. Sono cani che si adattano benissimo alla vita casalinga, tenendo però presente la loro indole e quindi rispettando la loro voglia e bisogno di lunghe passeggiate all’aria aperta, lasciando loro il tempo di annusare il terreno ma anche l’aria e tutto quello che incontrano sul loro cammino.

Non dimentichiamo che sono cani “usati” e abbandonati perché non in linea con le aspettative di chi li ha allevati o acquistati per la caccia. Spesso arrivano da anni di box in luoghi isolati, poco accuditi, rinchiusi in pochi metri quadrati. Ed è incredibile come, ancora, riescano ad avere fiducia nell’essere umano.

Se loro possono ancora fidarsi di noi umani, meritano un’altra chance e non deluderanno.

Preparatevi a una strada insieme, non semplice e non senza intoppi, ma con un cane rinato al vostro fianco e, per voi, una prospettiva del tutto nuova.”

 

Grazie per l’adozione!

I volontari ENPA Verona

 

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